MILANO - "In tre versetti / tutto un poema e, forse, / tutta una vita", scrisse una volta Mario Chini (1876-1959), in un suo haiku sugli haiku. Sì, perché la potenza degli haiku sta nella loro essenzialità e nella loro capacità di condurre il lettore all'essenziale. Come abbiamo scritto qualche tempo fa, gli haiku sono poesie che non sembrano tali, aforismi che non sono aforismi, sono un mucchio di parole in cui ha più peso il non detto rispetto a quello che viene detto. Sono componimenti dell'anima, che raccontano le emozioni delle stagioni, della precarietà dell'uomo e della magia della quotidianità. Ma raccontano anche l'amore, con una delicatezza e un'allusività tutta particolare.
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Verrà quest’anno la neve
che insieme a te
contemplai?
Matsuo Basho
(1644 – 1694)
Prendiamo
il sentiero paludoso
per arrivare alle nuvole.
Kobayashi Issa
(1763-1827)
Vieni, andiamo,
guardiamo la neve
fino a restarne sepolti.
Matsuo Basho
(1644 – 1694)
L'allodola
canta per tutto il giorno,
ed il giorno non è lungo abbastanza.
Matsuo Basho
(1644 – 1694)
Non scordare:
noi camminiamo sopra l'inferno,
guardando i fiori.
Kobayashi Issa
(1763-1828)
Tra la barca e la riva
a separarci si alza
un salice.
Masaoka Shiki
(1867-1902)
Non un grano di polvere
a turbare il chiarore
del crisantemo bianco.
Matsuo Basho
(1644 – 1694)
Non piangete, insetti
– gli amanti, persino le stelle
devono separarsi.
Kobayashi Issa
(1763-1827)
Si sveglia
e sbadiglia, il gatto;
poi, l’amore.
Kobayashi Issa
(1763-1827)
Quale dita toccheranno
in futuro
quei fiori rossi?
Matsuo Basho
(1644 – 1694)
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