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La giovane artista che ha scritto poesie sulle foglie dei parchi di New York

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La giovane artista che ha scritto poesie sulle foglie dei parchi di New York

MILANO - Un'idea creativa ed originale ha spinto Elena Zaharova, una giovane grafica di Brooklyn, New York, a scrivere a penna delle poesie sulle foglie autunnali della sua città, regalando un sorriso e delle piccole emozioni a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di trovarne una e leggerne i versi.

La giovane artista che ha scritto poesie sulle foglie dei parchi di New York

OGNI FOGLIA UN'EMOZIONE - La giovane ragazza ha deciso di realizzare questo bellissimo progetto scrivendo con la sua calligrafia ordinata e pulita delle poesie su 86 foglie che ha poi lasciato cadere in 5 diversi parchi, a Manhattan, Washington Square, Union Square, Madison Square, Bryant Park e Tompkins Square. Come la ragazza ha raccontato sul sito di BoredPanda, probabilmente alcune di queste foglie molto speciali non sono state notate da nessuno, ma altre hanno sicuramente emozionato i passanti, invitandoli a riflettere sulla bellezza delle piccole cose.

fogliapoesia2

 

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Maria Luisa Spaziani, le poesie più belle dell’amica amorosa di Montale

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Maria Luisa Spaziani, le poesie più belle dell'amica amorosa di Montale

MILANO - Poetessa di alta levatura, traduttrice di Proust, "amica amorosa" di Eugenio Montale, Maria Luisa Spaziani è stata una delle figure letterarie più affascinanti del Novecento italiano. Ecco le sue poesie più belle.

 

Voce

Natale è un flauto d'alba, un fervore di radici
che in nome tuo sprigionano acuti ultrasuono.
Anche le stelle ascoltano, gli azzurrognoli soli
in eterno ubriachi di pura solitudine.
Perché questo Tu sei, piccolo Dio che nasci
e muori e poi rinasci sul cielo delle foglie:
una voce che smuove e turba anche il cristallo,
il mare, il sasso, il nulla inconsapevole.

 

La cometa

Quel mio amore per lui aveva ali di cera
lunghe le ali sembravano eterne
battevano il cielo sicure, sfioravano picchi,
puntavano al sole con nervature nervine.

Fuse le ali ormai mi ricrescono dentro,
soltanto ora perdute mi diventano vere,
e ai cuori incauti grido: la passione è un fantasma
troppo importante, uomini, per potersi incarnare.

Chiomate vaganti comete di Halley, presagi
disastri prodigi che infiammano e gelano il sangue,
nessuno osi fissarvi, si arrischi a sfiorare
coaguli di pura lontananza –  morgane.

 

Realtà e metafora

Tu, realtà e metafora, luminoso
corpo dal doppio segno. Tu moneta
d'inscindibile faccia, bianco cigno
che ingloba il suo riflesso.

Penso all'abbraccio, e all'improvviso scende
in acque buie il mio vascello ebbro.
Confluiscono oceani. L'energia,
duraturo arabesco di fulmine.

 

L'indifferenza

L’indifferenza è inferno senza fiamme,
ricordalo scegliendo fra mille tinte
il tuo fatale grigio.

Se il mondo è senza senso
tua solo è la colpa:
aspetta la tua impronta
questa palla di cera.

 

E lui mi aspetterà nell’ipertempo

E lui mi aspetterà nell’ipertempo,
sorridente e puntuale, con saluti
e storie che alle poverette orecchie
dell’arrivata parranno incredibili.
Ma riconoscerà, lui, ciò che gli dico?
In poche note o versi qui raccolgo
i messaggi essenziali. Un altro raggio,
aria diversa glieli tradurrà.

 

Sono venuta a Parigi per dimenticarti

Sono venuta a Parigi per dimenticarti
ma tu ostinato me ne intridi ogni spazio.
Sei la chimera orrida delle gronde di Notre-Dame,
sei l’angelo che invincibile sorride.

Veniamo a patti (il contadino e il diavolo):
lasciami il giorno per guardare, leggere,
sprecare il tempo, divertirmi, escluderti.
Notti e sogni, d’accordo, sono tuoi.

 

Quant'è difficile la giovinezza

Nei miei vent’anni non ero felice
e non vorrei che il tempo s’invertisse.
Un salice d’argento mi consolava a volte,
a volte ci riusciva con presagi e promesse.
Nessuno dice mai quant’è difficile
la giovinezza. Giunti in cima al cammino
teneramente la guardiamo. In due,
forse la prima volta.



Una rosa che sboccia

Ibernati, incoscienti, inesistenti,
proveniamo da infiniti deserti.
Fra poco altri infiniti ci apriranno
ali voraci per l'eternità.

Ma qui ora c'è l'oasi, catena
di delizie e tormenti. Le stagioni
colorate ci avvolgono, le mani
amate ci accarezzano.

Un punto infinitesimo nel vortice
che cieco ci avviluppa. C'è la musica
(altrove sconosciuta), c'è il miracolo
della rosa che sboccia, e c'è il mio cuore.

 

Luna d'inverno

Luna d’inverno che dal melograno
per i vetri di casa filtri lenta
sui miei sonni veloci di ladro
sempre inseguito e sempre per partire.
Come un velo di lacrime t’appanna
e presto l’ora suonerà…
Lontano
oltre le nostre sponde, oltre le magre
stagioni che con moto di marea
mortalmente stancandoci ci esaltano
e ci umiliano, poi splenderai lieta
tu, insegna d’oro all’ultima locanda
lampada sopra il desco incorruttibile
al cui chiarore ad uno ad uno
i visi in cerchio rivedrò che un turbine
vuoto e crudele mi cancella.

PHOTO CREDITS: www.strettoweb.com

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Edoardo Sanguineti, le 5 poesie più famose

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Edoardo Sanguineti

MILANO- Genovese, critico e narratore, Edoardo Sanguineti è stato uno dei maggiori esponenti dell’avanguardia e del gruppo ’63. Lo ricordiamo in questa giornata attraverso le sue poesie più celebri.

 .

Siamo tutti politici (e animali)

Siamo tutti politici (e animali):
premesso questo, posso dirti che
odio i politici odiosi: (e ti risparmio anche soltanto un parco abbozzo di catalogo
esemplificativo e ragionato): (puoi sceglierti da te cognomi e nomi, e sparare
nel mucchio): (e sceglierti i perché, caso per caso)
ma, per semplificare, ti aggiungo che, se è vero che,
per me (come dico e ridico) è politica tutto,
a questo mondo, non è poi tutto, invece, la politica: (e questo mi definisce,
sempre per me, i politici odiosi, e il mio perché:
amo, così, quella grande politica
che è viva nei gesti della vita quotidiana, nelle parole quotidiane
(come ciao, pane, fica, grazie mille): (come quelle che ti trovi graffite dentro i cessi,
spraiate sopra i muri, tra uno slogan e un altro, abbasso, viva):
(e poi, lo so che non si dice, ma, alla fine, mi sono odiosi e uomini e animali)

.

Occhiali

Mi sono riadattato agli occhiali (che la patente, a me, rende obbligati, ormai,
in un paio solo di giorni: vedo tutto più netto: (ma niente mi è, per questo,
diventato migliore, in verità: un semaforo è sempre un semaforo, un marciapiede
è un marciapiede: e io sono sempre io, così)
(quanto al doloroso senso di capogiro,
vaticinato, con l’emicrania, da un Istituto Ottico di corso Buenos Aires, al quale
mi sono rivolto, questa volta, l’ho sperimentato e l’ho superato): (l’oculista
affermava che, con il tempo, io mi ero costruito una mia rappresentazione arbitraria
della realtà, adesso destinata, con le lenti, a sfasciarsi di colpo):
e ho potuto
sperare, per un attimo, di potermi rifare, a poco prezzo, una vita e una vista)

.

Se d’amore si muore, siamo morti noi

se d’amore si muore, siamo morti noi:
siamo un romanzo d’appendice in atto: (anzi,
siamo un romanzo nazional-popolare, ma calibraticamente camuffato da romanzetto rosa): (anzi,
siamo un romanzo osè): (un rosè): (anzi, una coppia di vegeti, di vegetanti vecchietti,
torchiati nel torpido torchio delle nozze d’argento): (a un passo, a un pelo, appena,
da un romanzo nero): (siamo un romanzo rosso, quasi): e noi facciamo, parliamoci chiaro,
pena piena, e pietà

comunico le coordinate necessarie; torno da Como, è il 26
settembre, sono le 21,37, ho chiesto il conto al ristorante, prenderò il rapido
delle 21,50, e ti ho capito: è tutto:

perché, per te, per me, non è possibile
sopportarla più oltre, questa ambivalenza insolubile, nel vino della vita che viviamo:

questa vita, anzi: (la vita): (annacquata, innacquata): e se ti dico e se ti scrivo che
non sono altro che un contemporaneo, a capirmi, a capirci, se va bene, abbiamo, in tutto
e per tutto, il 25% dei nostri eredi naturali, allo stato attuale delle cose:
così, con tanti auguri, ti aggiungo, poi, che noi

se d’amore si vive, siamo vivi

.

Ballata delle donne

Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.

.

Afferra questo mercurio

afferra questo mercurio, questa fredda gengiva, questo miele,
questa sfera di vetro arido;
misura attentamente la testa del nostro bambino
e non torcere adesso il suo piede impercettibile:
nel tuo capezzolo devi ormai convertire
un prolungato continente di lampade,
il fiato ossessivo dei giardini
critici, le pigre balene del ventre, le ortiche
e il vino, e la nausea e la ruggine;
perché ogni strada subito
vorrà corrergli incontro, un'ernia ombelicale incidere
il suo profilo di fumo, qualche ippopotamo donargli
i suoi denti di forfora e di fosforo nero:
evita il vento,
i luoghi affollati, i giocolieri, gli insetti;
e a sei mesi egli potrà raddoppiare il suo peso, vedere l'oca,
stringere la vestaglia, assistere alla caduta dei gravi;
strappalo dunque alla sua vita di alghe e di globuli, di piccoli nodi,
di indecisi lobi:
il suo gemito conquisterà le tue liquide ferite
e i suoi occhi di obliquo burro correggeranno questi secoli senza nome!

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Emily Dickinson, le 5 poesie più belle

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Emily Dickinson, le 5 poesie più belle

MILANO - La più importante poetessa del XIX secolo. Parliamo di Emily Dickinson, una rivelazione editoriale che, grazie all'enorme potenza sensitiva, mentale e metafisica della sua poesia, ha dato il via ad un vero e proprio fenomeno di culto. In occasione dell’anniversario della sua scomparsa, ecco alcune delle sue più belle poesie.

.

Ho preso un Sorso di Vita
Ho preso un Sorso di Vita −
Vi dirò quanto l'ho pagato −
Precisamente un'esistenza −
Il prezzo di mercato, dicono.
M'hanno pesata, Granello per Granello −
Bilanciata Fibra con Fibra,
Poi m'han dato il valore del mio Essere −
Un solo Grammo di Cielo!

.

Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi
Se potrò impedire a un Cuore di spezzarsi
Non avrò vissuto invano
Se potrò alleviare il Dolore di una Vita
O lenire una Pena
O aiutare un Pettirosso caduto
A rientrare nel suo nido
Non avrò vissuto invano.

.

L'Amore è tutto
Che l'Amore è tutto
È tutto ciò che sappiamo dell'Amore,
È abbastanza, il carico dev'essere
Proporzionato al solco.

.

Una parola muore quando è detta
Una parola muore
quando è detta
Dice qualcuno −
Io dico che proprio
Quel giorno
Comincia a vivere.

.

Chi non ha trovato il Paradiso
Chi non ha trovato il Paradiso − quaggiù −
Lo mancherà lassù −
Perché gli Angeli prendono Casa
accanto alla nostra,
Ovunque ci spostiamo

.

LEGGI ANCHE: LA LETTERA DI EMILY DICKINSON A SUSAN HUNTIGTON 

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Natale, ecco le poesie natalizie più belle di Gianni Rodari

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Natale, ecco le più belle poesie natalizie di Gianni Rodari

MILANO - Gianni Rodari è sicuramente l’autore per bambini più amato da intere generazioni. In passato, vi abbiamo proposto le sue più belel filastrocche proponiamo alcune delle sue più belle filastrocche ed versi in rima legati alla scuola. Con l'avvicinarsi delle festività natalizie, vi proponiamo le sue poesie più belle dedicate al Natale.

 

L'albero dei poveri
Filastrocca di Natale,
la neve è bianca come il sale,
la neve è fredda, la notte è nera
ma per i bambini è primavera:
soltanto per loro, ai piedi del letto
è fiorito un albereto.
Che strani fiori, che frutti buoni
Oggi sull'albero dei doni:
bambole d'oro, treni di latta,
orsi dla pelo come d'ovatta,
e in cima, proprio sul ramo più alto,
un cavalo che spicca il salto.
Quasi lo tocco… Ma no, ho sognato,
ed ecco, adesso, mi sono destato:
nella mia casa, accanto al mio letto
non è fiorito l'alberetto.
Ci sono soltanto i fiori del gelo
Sui vetri che mi nascondono il cielo.
L'albero die poveri sui vetri è fiorito:
io lo cancello con un dito.

 

Sull'albero di Natale
Sul ramo più alto
vicino alla stella
c'è un passero vero
che cinguetta e saltella.
Ha visto dal davanzale
quest'albero fatato:
la finestra era aperta,
con un frullo è volato
sul ramo più alto,
proprio accanto alla stella,
il passero vero
che cinguetta e saltella.
Fuori fa freddo
non lo cacciate via
è l'ospite di Natale
vi metterà allegria.
Di tutta la vostra festa
una briciola gli basterà,
sulla tovaglia rossa
un poco passeggerà,
poi tornerà al suo ramo,
vicino alla sua stella,
il passero vero
che cinguetta e saltella

Il magico Natale
S'io fossi il mago di Natale
farei spuntare un albero di Natale
in ogni casa, in ogni appartamento
dalle piastrelle del pavimento,
ma non l'alberello finto,
di plastica, dipinto
che vendono adesso all'Upim:
un vero abete, un pino di montagna,
con un po' di vento vero
impigliato tra i rami,
che mandi profumo di resina
in tutte le camere,
e sui rami i magici frutti: regali per tutti.
Poi con la mia bacchetta me ne andrei
a fare magie
per tutte le vie.

In via Nazionale
farei crescere un albero di Natale
carico di bambole
d'ogni qualità,
che chiudono gli occhi
e chiamano papà,
camminano da sole,
ballano il rock an'roll
e fanno le capriole.
Chi le vuole, le prende:
gratis, s'intende.

In piazza San Cosimato
faccio crescere l'albero
del cioccolato;
in via del Tritone
l'albero del panettone
in viale Buozzi
l'albero dei maritozzi,
e in largo di Santa Susanna
quello dei maritozzi con la panna.

Continuiamo la passeggiata?
La magia è appena cominciata:
dobbiamo scegliere il posto
all'albero dei trenini:
va bene piazza Mazzini?
Quello degli aeroplani
lo faccio in via dei Campani.
Ogni strada avrà un albero speciale
e il giorno di Natale
i bimbi faranno
il giro di Roma
a prendersi quel che vorranno.
Per ogni giocattolo
colto dal suo ramo
ne spunterà un altro
dello stesso modello
o anche più bello.
Per i grandi invece ci sarà
magari in via Condotti
l'albero delle scarpe e dei cappotti.
Tutto questo farei se fossi un mago.
Però non lo sono
che posso fare?
Non ho che auguri da regalare:
di auguri ne ho tanti,
scegliete quelli che volete,
prendeteli tutti quanti.

 

Neve
Poveretto chi non sa
sciare né pattinare.
Di tanta neve, che se ne fa?
Tutto quel ghiaccio non gli serve a nulla.
Di tanta gioia lui non può godere:
al massimo si farà
una granita in un bicchiere.

Lo zampognaro
Se comandasse lo zampognaro
Che scende per il viale,
sai che cosa direbbe
il giorno di Natale? “Voglio che in ogni casa
spunti dal pavimento
un albero fiorito
di stelle d'oro e d'argento”. Se comandasse il passero
Che sulla neve zampetta,
sai che cosa direbbe
con la voce che cinguetta?
“Voglio che i bimbi trovino,
quando il lume sarà acceso
tutti i doni sognati
più uno, per buon peso”. Se comandasse il pastore
Del presepe di cartone
Sai che legge farebbe
Firmandola col lungo bastone? “Voglio che oggi non pianga
nel mondo un solo bambino,
che abbiano lo stesso sorriso
il bianco, il moro, il giallino”. Sapete che cosa vi dico
Io che non comando niente?
Tutte queste belle cose
Accadranno facilmente; se ci diamo la mano
i miracoli si faranno
e il giorno di Natale
durerà tutto l'anno.
 
Il pianeta degli alberi di Natale
Dove sono i bambini che non hanno
l'albero di Natale
con la neve d'argento, i lumini
e i frutti di cioccolata?
presto, presto adunata, si va
sul Pianeta degli alberi di natale,
io so dove sta. Che strano, beato Pianeta…
Qui è Natale ogni giorno.
Ma guardatevi attorno:
gli alberi della foresta,
illuminati a festa,
sono carichi di doni.
Crescono sulle siepi i panettoni,
i platani del viale
sono platani di Natale.
Perfino l'ortica,
non punge mica,
ma tiene su ogni foglia
un campanello d'argento
che si dondola al vento.
In piazza c'e' il mercato dei balocchi.
Un mercato coi fiocchi,
ad ogni banco lasceresti gli occhi.
E non si paga niente, tutto gratis.
Osservi, scegli, prendi e te ne vai.
Anzi, anzi, il padrone
Ti fa l'inchino e dice:'Grazie assai,
torni ancora domani, per favore:
per me sarà un onore…' Che belle le vetrine senza vetri!
Senza vetri, s'intende,
così ciascuno prende
quello che più gli piace: e non si passa
mica alla cassa, perché
la cassa non c'è. Un bel Pianeta davvero
Anche se qualcuno insiste
A dire che non esiste…
Ebbene, se non esiste, esisterà:
che differenza fa?

 

Ritorna ogni anno
Ritorna ogni anno, arriva puntuale
con il suo sacco Babbo Natale:
nel vecchio sacco ogni anno trovi
tesori vecchi e tesori nuovi.

C'e' l'orsacchiotto giallo di stoffa,
che ballonzola con aria goffa;
c'e' il cavalluccio di cartapesta
che galoppa e scrolla la testa;
e in fondo al sacco, tra noci e confetti,
la bambolina che strizza gli occhietti.

Ma Babbo Natale sa che adesso
anche ai giocattoli piace il progresso:
al giorno d'oggi le bambole han fretta,
vanno in auto o in bicicletta.
Nel vecchio sacco pieno di doni
ci sono ogni anno nuove invenzioni.

Io del progresso non mi lamento
anzi, vi dico, ne son contento.

 

L'abete di Natale
Chi abita sull'abete
tra i doni e le comete?
C' è un Babbo Natale
alto quanto un ditale.
Ci sono i sette nani,
gli indiani, i marziani.
Ci ha fatto il suo nido
perfino Mignolino.
C'è posto per tutti,
per tutti c'è un lumino
e tanta pace per chi la vuole
per chi da che la pace
scalda anche più del sole

 

 

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Emily Bronte, le poesie d’amore più belle

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Emily Bronte, le poesie d'amore più belle

MILANO - Le poesie d'amore di Emily Bronte sono romantiche e struggenti, la scrittrice e poetessa inglese famosa per il suo unico romanzo “Cime tempestose” è una delle donne più amate e apprezzate della letteratura britannica. Emily Bronte è morta giovanissima, a soli 30 anni, e davanti a queste personalità così sensibili e promettenti vien da chiedersi cosa avrebbero lasciato al mondo se solo avessero vissuto un po’ di più. Il padre visse più a lungo di tutti i suoi figli, l’ultima sopravvissuta, la sorella più grande Charlotte riuscì a pubblicare le poesie di Emily Bronte consegnandole al mondo, prima di morire anche lei nel 1848.  Ecco le sue poesie d'amore più belle.

.

Verrò quando sarai più triste

Verrò quando sarai più triste,
steso nell'ombra che sale alla tua stanza;
quando il giorno demente ha perso il suo tripudio,
e il sorriso di gioia è ormai bandito
dalla malinconia pungente della notte.

Verrò quando la verità del cuore
dominerà intera, non obliqua,
ed il mio influsso si di te stendendosi,
farà acuta la pena, freddo il piacere,
e la tua anima porterà lontano.

Ascolta, è proprio l'ora,
l'ora tremenda per te:
non senti rullarti nell'anima
uno scroscio di strane emozioni,
messaggere di un comando più austero,
araldi di me?

.

Sogno, dove sei ora?
Sogno, dove sei ora?
Tanto tempo è trascorso
Da quando la luce svanì
Dalla tua fronte d'angelo

Ohimè, ohimè
Eri così lucente e bello!
Non avrei mai creduto che
Il ricordo tuo portasse solo dolore!

La tempesta e i raggi del sole
Il divino crepuscolo estivo
La notte, immobile in un silenzio solenne,
La luna, piena e scintillante e senza nubi,

Una volta tutto si legava a te,
E ora solo una pena indicibile.
Visione perduta! Basta ...
Non puoi più splendere ormai

.

Non dovresti conoscere la disperazione

Non dovresti conoscere la disperazione
se le stelle scintillano ogni notte;

se la rugiada scende silenziosa a sera
e il sole indora il mattino.
Non dovresti conoscere la disperazione seppure
le lacrime scorrano a fiumi:
non sono gli anni più amati
per sempre presso il tuo cuore:

Piangono, tu piangi, così deve essere:
il vento sospira dei tuoi sospiri,
e dall'inverno cadono lacrime di neve
là dove giacciono le foglie d'autunno:
pure, presto rinascono, e il tuo destino
dal loro non può separarsi:
continua il tuo viaggio, se non con gioia
pure, mai con disperazione!

.

Amore e amicizia

Amore è come una rosa canina,
Amicizia è un agrifoglio –
È bruno l’agrifoglio quando la rosa è in boccio
ma chi dei due verdeggerà più a lungo?

La rosa selvaggia è dolce in primavera,
i suoi fiori profumano l’estate,
ma aspetta che l’inverno ricompaia
e chi loderà la bellezza del rovo?

Sdegna la fatua corona di rose
e véstiti di lucido agrifoglio,
perché Dicembre che sfiora la tua fronte
ti lasci ancora una verde ghirlanda.

L'articolo Emily Bronte, le poesie d’amore più belle sembra essere il primo su Libreriamo.

Giovanni Pascoli, le poesie più celebri

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Giovanni_Pascoli_2

MILANO – Giovanni Pascoli è considerato, insieme a Gabriele D’Annunzio, il più importante poeta decadente italiano. Nelle sue opere possiamo riscontrare una concezione intima e interiore del sentimento poetico, orientato alla valorizzazione del particolare e del quotidiano e al recupero di una dimensione infantile e quasi primitiva. Per ricordarlo, in occasione dell’anniversario della sua nascita, abbiamo raccolto le sue poesie più famose.

Clicca qui per leggere e condividere gli aforismi dello scrittore !

.

L'assiuolo

 

E s'aprono i fiori notturni,

nell'ora che penso ai miei cari.

Sono apparse in mezzo ai viburni

le farfalle crepuscolari.

 

Da un pezzo si tacquero i gridi

là sola una casa bisbiglia.

Sotto l'ali dormono i nidi,

come gli occhi sotto le ciglia.

 

Dai calici aperti si esala

l'odore di fragole rosse.

Splende un lume là nella sala.

Nasce l'erba sopra le fosse.

 

Un'ape tardiva sussurra

trovando già prese le celle.

La Chioccetta per l'aia azzurra

va col suo pigolio di stelle.

 

Per tutta la notte s'esala

l'odore che passa col vento.

Passa il lume su per la scala;

brilla al primo piano: s'è spento...

 

è l'alba: si chiudono i petali

un poco gualciti; si cova,

dentro l'urna molle e segreta,

non so che felicità nuova.

.

 

Il gelsomino notturno

 

E s'aprono i fiori notturni,

nell'ora che penso ai miei cari.

Sono apparse in mezzo ai viburni

le farfalle crepuscolari.

 

Da un pezzo si tacquero i gridi

là sola una casa bisbiglia.

Sotto l'ali dormono i nidi,

come gli occhi sotto le ciglia.

 

Dai calici aperti si esala

l'odore di fragole rosse.

Splende un lume là nella sala.

Nasce l'erba sopra le fosse.

 

Un'ape tardiva sussurra

trovando già prese le celle.

La Chioccetta per l'aia azzurra

va col suo pigolio di stelle.

 

Per tutta la notte s'esala

l'odore che passa col vento.

Passa il lume su per la scala;

brilla al primo piano: s'è spento...

 

è l'alba: si chiudono i petali

un poco gualciti; si cova,

dentro l'urna molle e segreta,

non so che felicità nuova.

.

 

Il lampo

 

E cielo e terra si mostrò qual era:

 

la terra ansante, livida, in sussulto;

il cielo ingombro, tragico, disfatto:

bianca bianca nel tacito tumulto

una casa apparì sparì d'un tratto;

come un occhio, che, largo, esterrefatto,

s'aprì si chiuse, nella notte nera.

.

 

Sogno

 

Per un attimo fui nel mio villaggio,

nella mia casa. Nulla era mutato

Stanco tornavo, come da un vïaggio;

stanco, al mio padre, ai morti, ero tornato.

 

Sentivo una gran gioia, una gran pena;

una dolcezza ed un'angoscia muta.

- Mamma?-È là che ti scalda un po' di cena-

Povera mamma! e lei, non l'ho veduta.

.

 

Di lassù

 

La lodola perduta nell'aurora

si spazia, e di lassù canta alla villa,

che un fil di fumo qua e là vapora;

 

di lassù largamente bruni farsi

i solchi mira quella sua pupilla

lontana, e i bianchi bovi a coppie sparsi.

 

Qualche zolla nel campo umido e nero

luccica al sole, netta come specchio:

fa il villano mannelle in suo pensiero,

e il canto del cuculo ha nell'orecchio.

.

 

X agosto

 

San Lorenzo, io lo so perché tanto

di stelle per l'aria tranquilla

arde e cade, perché sì gran pianto

nel concavo cielo sfavilla.

 

Ritornava una rondine al tetto:

l'uccisero: cadde tra spini:

ella aveva nel becco un insetto:

la cena de' suoi rondinini.

 

Ora è là, come in croce, che tende

quel verme a quel cielo lontano;

e il suo nido è nell'ombra, che attende,

che pigola sempre più piano.

 

Anche un uomo tornava al suo nido:

l'uccisero: disse: Perdono;

e restò negli aperti occhi un grido:

portava due bambole in dono…

 

Ora là, nella casa romita,

lo aspettano, aspettano in vano:

egli immobile, attonito, addita

le bambole al cielo lontano.

 

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi

sereni, infinito, immortale,

oh! d'un pianto di stelle lo inondi

quest'atomo opaco del Male!

.

 

La gatta

 

Era una gatta, assai trita, e non era

d'alcuno, e, vecchia, aveva un suo gattino.

Ora, una notte, (su per il camino

s'ingolfava e rombava la bufera)

 

trassemi all'uscio il suon d'una preghiera,

e lei vidi e il suo figlio a lei vicino.

Mi spinse ella, in un dolce atto, il meschino

tra' piedi; e sparve nella notte nera.

 

Che notte nera, piena di dolore!

Pianti e singulti e risa pazze e tetri

urli portava dai deserti il vento.

 

E la pioggia cadea, vasto fragore,

sferzando i muri e scoppiettando ai vetri.

Facea le fusa il piccolo, contento.

.

 

Maria

 

Ti splende su l'umile testa

la sera d'autunno, Maria!

Ti vedo sorridere mesta

tra i tocchi d'un'Avemaria:

sorride il tuo gracile viso;

né trova, il tuo dolce sorriso,

nessuno:

così, con quelli occhi che nuovi

si fissano in ciò che tu trovi

per via; che nessuno ti sa;

quelli occhi sì puri e sì grandi,

coi quali perdoni, e domandi

pietà:

quelli occhi sì grandi, sì buoni,

sì pii, che da quando li apristi,

ne diedero dolci perdoni!

ne sparsero lagrime tristi!

quelli occhi cui nulla mai diede

nessuno, cui nulla mai chiede

nessuno!

quelli occhi che toccano appena

le cose! due poveri a cena

dal ricco, ignorati dai più;

due umili in fondo alla mensa,

due ospiti a cui non si pensa

già più!

.

 

Il brivido

 

Mi scosse, e mi corse

le vene il ribrezzo.

Passata m'è forse

rasente, col rezzo

dell'ombra sua nera,

la morte. . .

Com'era?

Veduta vanita,

com'ombra di mosca:

ma ombra infinita,

di nuvola fosca

che tutto fa sera:

la morte. . .

Com'era?

Tremenda e veloce

come un uragano

che senza una voce

dilegua via vano:

silenzio e bufera:

la morte. . .

Com'era?

Chi vede lei, serra

nè apre più gli occhi.

Lo metton sotterra

che niuno lo tocchi,

gli chieda - Com'era?

rispondi. . .

com'era? -

.

 

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Metro Poetry, poesie dagli altoparlanti nella metropolitana di Torino

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Metro Poetry, poesie dagli altoparlanti nella metropolitana di Torino

MILANO - La metropolitana di Torino dà voce alla poesia. Otto voci, diciannove poeti, oltre settanta poesie in tre mesi trasmesse, più volte al giorno, nelle stazioni della metropolitana. In tutte le stazioni torinesi, fino 15 aprile 2017, all'interno della normale programmazione di Radio GTT, vengono inserite più volte al giorno brevi letture da ascoltare, ricordare, riscoprire. L'idea, nata circa un anno fa e proposta al Gruppo GTT dall'Associazione culturale YOWRAS Young Writers & Storytellers, è stata realizzata grazie alla collaborazione dell'agenzia di comunicazione Zipnews.it e delle case editrici Adelphi, Giunti, Guanda, Newton Compton.

LETTURE IN METROPOLITANA - Diciannove poeti, scelti fra i più noti e i più studiati, con qualche eccezione. Oltre settanta poesie, o "frammenti a piede libero", come recita la frase con cui inizia ogni lettura, selezionate tra quelle maggiormente conosciute per sollecitare il senso di ricordo e di familiarità. Le voci di otto lettori e lettrici, diverse per provenienza, età, ritmo, timbro, cadenza, interpretano i versi accompagnati da un sottofondo musicale. Da Giacomo Leopardi a Edgar Lee Masters, da Emily Dickinson a Federico Garcia Lorca, da Giovanni Pascoli a Jacques Prévert, diciannove figure immortali della poesia rivivono attraverso le letture che si alternano più volte al giorno ai brani musicali trasmessi da Radio GTT all'interno delle stazioni della metropolitana di Torino. La zona in cui passeggeri attendono l'arrivo delle vetture diventa il luogo in cui la poesia può essere ascoltata in quel tempo sospeso che sta tra la discesa delle scale e l'inizio del viaggio.

METRO POETRY - Adelphi, Giunti, Guanda, Newton Compton sono le case editrici che hanno accolto la proposta dell'Associazione culturale YOWRAS Young Writers & Storytellers mettendo a disposizione le raccolte da cui sono stati tratti i brani scelti per le letture. Una musica di sottofondo, il titolo e il nome dell'autore, il nome del lettore, un inizio e una conclusione costanti e riconoscibili sono gli elementi di ogni "frammento di poesia a piede libero". Un invito al ricordo di parole conosciute, alla scoperta di nuovi spunti, alla ricerca di cosa c'è dopo, di come va a finire, alla ricerca di altre poesie scritte da quell'autore. Per rappresentare Metro Poetry è stata ideata l'immagine sorridente di un volto, di profilo, davanti a un microfono. Il profilo è ricavato dal percorso reale della Linea 1 della metropolitana di Torino.

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6 gennaio, le poesie più belle dedicate alla Befana

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MILANO – Da Giovanni Pascoli a Gianni Rodari, passando per Guido Gozzano e Giorgio Caproni, ecco come alcune delle penne più importanti della poesia italiana hanno affrontato con il sorriso questo tema tradizionale.
 

Gianni Rodari
Alla Befana
Mi hanno detto, cara Befana,
che tu riempi la calza di lana,
che tutti i bimbi, se stanno buoni,
da te ricevono ricchi doni.
Io buono sono sempre stato
ma un dono mai me l'hai portato.
Anche quest'anno nel calendario
tu passi proprio in perfetto orario,
ma ho paura, poveretto,

che tu viaggi in treno diretto:
un treno che salta tante stazioni
dove ci sono bimbi buoni.
Io questa lettera ti ho mandato
per farti prendere l'accelerato!
O cara Befana, prendi un trenino
che fermi a casa d'ogni bambino,
che fermi alle case dei poveretti
con tanti doni e tanti confetti

Giorgio Caproni
Sonetto d'epifania

Sopra la piazza aperta a una leggera
aria di mare, che dolce tempesta
coi suoi lumi in tumulto fu la sera
d'Epifania ! Nel fuoco della festa
rapita, ora ritorna a quella fiera
di voci dissennate, e si ridesta
nel cuore che ti cerca, la tua cera
allegra - la tua effigie persa in questa
tranquillità dell'alba, ove dispare
in nulla, mentre gridano ai mercati
altre donne più vere, un esitare
d'echi febbrili (i gesti un dì acclamati
al tuo veloce ridere) al passare
dei fumi che la brezza ha dissipati.

Guido Gozzano
La Befana 
Discesi dal lettino
son là presso il camino,
grandi occhi estasiati,
i bimbi affaccendati
a metter la scarpetta
che invita la Vecchietta
a portar chicche e doni
per tutti i bimbi buoni.

Ognun, chiudendo gli occhi,
sogna dolci e balocchi;
e Dori, il più piccino,
accosta il suo visino

alla grande vetrata,
per veder la sfilata
dei Magi, su nel cielo,
nella notte di gelo.

Quelli passano intanto
nel lor gemmato manto,
e li guida una stella
nel cielo, la più bella.

Che visione incantata
nella notte stellata!
E la vedono i bimbi,
come vedono i nimbi

degli angeli festanti
ne' lor candidi ammanti.
Bambini! Gioia e vita
son la vision sentita

nel loro piccolo cuore
ignaro del dolore.
Gianni Rodari
Voglio fare un regalo alla Befana
La Befana, cara vecchietta,
va all'antica, senza fretta.
Non prende mica l'aeroplano
per volare dal monte al piano,
si fida soltanto, la cara vecchina
della sua scopa di saggina:bef
è così che poi succede
che la Befana... non si vede!

Ha fatto tardi fra i nuvoloni,
e molti restano senza doni!

Io quasi, nel mio buon cuore,
vorrei regalarle un micromotore,
perché arrivi dappertutto
col tempo bello o col tempo brutto...

Un po' di progresso e di velocità
per dare a tutti la felicità!

Giovanni Pascoli

La Befana
Viene viene la Befana
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! La circonda
neve, gelo e tramontana.
Viene viene la Befana.
Ha le mani al petto in croce,
e la neve è il suo mantello
ed il gelo il suo pannello
ed il vento la sua voce.
Ha le mani al petto in croce.
E s’accosta piano piano
alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare
or più presso or più lontano.
Piano piano, piano piano.
Che c’è dentro questa villa?
uno stropiccìo leggiero.
Tutto è cheto, tutto è nero.
Un lumino passa e brilla.
Che c’è dentro questa villa?
Guarda e guarda…tre lettini
con tre bimbi a nanna, buoni.
Guarda e guarda…ai capitoni
c’è tre calze lunghe e fini.
Oh! tre calze e tre lettini.
Il lumino brilla e scende,
e ne scricchiolan le scale;
il lumino brilla e sale,
e ne palpitan le tende.
Chi mai sale? chi mai scende?
Co’ suoi doni mamma è scesa,
sale con il suo sorriso.
Il lumino le arde in viso
come lampada di chiesa.
Co’ suoi doni mamma è scesa.
La Befana alla finestra
sente e vede, e s’allontana.
Passa con la tramontana,
passa per la via maestra,
trema ogni uscio, ogni finestra.
E che c’è nel casolare?
Un sospiro lungo e fioco.
Qualche lucciola di fuoco
brilla ancor nel focolare.
Ma che c’è nel casolare?
Guarda e guarda… tre strapunti
con tre bimbi a nanna, buoni.
Tra la cenere e i carboni
c’è tre zoccoli consunti.
Oh! tre scarpe e tre strapunti…
E la mamma veglia e fila
sospirando e singhiozzando,
e rimira a quando a quando
oh! quei tre zoccoli in fila…
veglia e piange, piange e fila.
La Befana vede e sente;
fugge al monte, ch’è l’aurora.
Quella mamma piange ancora
su quei bimbi senza niente.
La Befana vede e sente.
La Befana sta sul monte.
Ciò che vede è ciò che vide:
c’è chi piange e c’è chi ride;
essa ha nuvoli alla fronte,
mentre sta sul bianco monte.

 

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Paul Verlaine, le poesie più belle

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Paul Verlaine, le poesie più belle

MILANO – Per ricordare il “poeta maledetto” Paul Verlaine, uno dei massimi esponenti della letteratura francese dell’Ottocento - vi proponiamo una selezione delle sue poesie più importanti. Clicca qui per leggere e condividere gli aforismi dell'autore ! 

.

Spleen

Le rose erano tutte rosse
e l'edera tutta nera.

Cara, ti muovi appena
e rinascono le mie angosce.

Il cielo era troppo azzurro
troppo tenero, e il mare

troppo verde, e l'aria
troppo dolce. Io sempre temo

- e me lo debbo aspettare!
Qualche vostra fuga atroce.

Dell'agrifoglio sono stanco
dalle foglie laccate,

del lustro bosso e dei campi
sterminati, e poi

di ogni cosa, ahimé!
Fuorché di voi.

.
Viviamo in tempi infami

Viviamo in tempi infami
dove il matrimonio delle anime
deve suggellare l'unione dei cuori;
in quest'ora di orribili tempeste
non è troppo aver coraggio in due
per vivere sotto tali vincitori.

Di fronte a quanto si osa
dovremo innalzarci,
sopra ogni cosa, coppia rapita
nell'estasi austera del giusto,
e proclamare con un gesto augusto
il nostro amore fiero, come una sfida.

Ma che bisogno c'è di dirtelo.
Tu la bontà, tu il sorriso,
non sei tu anche il consiglio,
il buon consiglio leale e fiero,
bambina ridente dal pensiero grave
a cui tutto il mio cuore dice: Grazie!

.
Vola, canzone, rapida

Vola, canzone, rapida
davanti a Lei e dille
che, nel mio cuor fedele,
gioioso ha fatto luce
un raggio, dissipando,
santo lume, le tenebre
dell'amore: paura,
diffidenza e incertezza.
Ed ecco il grande giorno!
Rimasta a lungo muta
e pavida - la senti?
- l'allegria ha cantato
come una viva allodola
nel cielo rischiarato.
Vola, canzone ingenua,
e sia la benvenuta
senza rimpianti
vani colei che infine torna.

.
Il clown

Saltimbanco, addio! Buona sera, Pagliaccio! Indietro, Babbeo:
Fate posto, buffoni antiquati, dalla burla impeccabile,
Fate largo! Solenne, altero e discreto,
ecco venire il migliore di tutti, l'agile clown.

Più snello d'Arlecchino e più impavido di Achille
è lui di certo, nella sua bianca armatura di raso:
etereo e chiaro come uno specchio senza argento.
I suoi occhi non vivono nella sua maschera d'argilla.

Brillano azzurri fra il belletto e gli unguenti
mentre, eleganti il busto e il capo si bilanciano
sull'arco paradossale delle gambe.

Poi sorride. Intorno il volgo stupido e sporco
la canaglia puzzolente e santa dei Giambi
applaude al sinistro istrione che l'odia.

.

Noi saremo

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?
Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto
che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,
i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.
Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,
e inoltre ricoperti di una dura corazza,
sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
per noi ha stabilito, cammineremo insieme
la mano nella mano, con l'anima infantile
di quelli che si amano in modo puro, vero?

.
Le conchiglie

Ogni incrostata conchiglia che sta
In quella grotta in cui ci siamo amati
Ha la sua propria particolarità.

Una dell'anima nostra ha la porpora
Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;

Un'altra imita te nei tuoi languori
E nei pallori tuoi di quando, stanca,
Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi.

Questa fa specchio a come in te s'avvolge
La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
Alla tenera e corta nuca rosa;

Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.

.
Poiché l'alba si accende

Poiché l'alba si accende, ed ecco l'aurora,
poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente
a ritornare a me che la chiamo e l'imploro,
poiché questa felicità consente ad esser mia,

facciamola finita coi pensieri funesti,
basta con i cattivi sogni, ah! Soprattutto
basta con l'ironia e le labbra strette
e parole in cui uno spirito senz'anima trionfava.

E basta con quei pugni serrati e la collera
per i malvagi e gli sciocchi che s'incontrano;
basta con l'abominevole rancore! Basta
con l'oblìo ricercato in esecrate bevande!

Perché io voglio, ora che un Essere di luce
nella mia notte fonda ha portato il chiarore
di un amore immortale che è anche il primo
per la grazia, il sorriso e la bontà,

io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme,
da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia,
camminare diritto, sia per sentieri di muschio
sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino;

sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita
verso la meta a cui mi spingerà il destino,
senza violenza, né rimorsi, né invidia:
sarà questo il felice dovere in gaie lotte.

E poiché, per cullare le lentezze della via,
canterò arie ingenue, io mi dico
che lei certo mi ascolterà senza fastidio;
e non chiedo, davvero, altro Paradiso.

.
Marina

L'oceano sonoro
Palpita sotto l'occhio
Della luna in lutto
E palpita ancora,
Mentre un lampo
Vivido e sinistro
Fende il cielo di bistro
D'un lungo zigzag luminoso,
E che ogni onda
In salti convulsi
Lungo tutta la scogliera
Va, si ritira, brilla e risuona.
E nel firmamento,
Dove erra l'uragano,
Ruggisce il tuono
Formidabilmente.

 

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Le più belle poesie dedicate alla neve

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MILANO – Sono molte le regioni italiane che oggi saranno colpite da nevicate. Un’ondata di gelo e maltempo che sicuramente causerà qualche disagio, ma che è anche capace di portare qualche sorriso e tanta magia, soprattutto tra i più piccoli. Vi proponiamo quindi una selezione delle più belle poesie sulla neve.
Il cielo è basso - E. Dickinson
Il cielo è basso, le nuvole a mezz'aria,
un fiocco di neve vagabondo
fra scavalcare una tettoia o una viottola
non sa decidersi.
Un vento meschino tutto il giorno si lagna
di come qualcuno l'ha trattato;
la natura, come noi, si lascia talvolta sorprendere
senza il suo diadema.

Neve - Umberto Saba
Neve che turbini in alto e avvolgi
le cose di un tacito manto.
Neve che cadi dall'alto e noi copri
coprici ancora,all'infinito: imbianca
la città con le case,con le chiese,
il porto con le navi,
le distese dei prati...

La perfezione della neve - Andrea Zanzotto
Quante perfezioni, quante
quante totalità. Pungendo aggiunge.
E poi astrazioni astrificazioni formulazione d'astri
assideramento, attraverso sidera e coelos
assideramenti assimilazioni
nel perfezionato procederei
più in là del grande abbaglio, del pieno e del vuoto,
ricercherei procedimenti
risaltando, evitando
dubbiose tenebrose;saprei direi.
Ma come ci soffolce, quanta è l'ubertà nivale
come vale: a valle del mattino a valle
a monte della luce plurifonte.
Mi sono messo di mezzo a questo movimento -mancamento
radiale
ahi il primo brivido del salire, del capire,
partono in ordine, sfidano: ecco tutto.
E la tua consolazione insolazione e la mia ,frutto,
di quest'inverno, allenate, alleate,
sui vertici vitrei del sempre, sui margini nevati
del mai-mai-non-lasciai-andare,
e la stella che brucia nel suo riccio
e la castagna tratta dal ghiaccio
e tutto - e tutto eros, tutto libertà nel laccio
nell'abbraccio mi sta: ci sta,
ci sta all'invito, sta nel programma, nella faccenda.
Un sorriso, vero? E la vi(ta) (id-vid)
quella di cui non si può nulla, non ipotizzare,
sulla soglia si fa (accarezzare?).
Evoè lungo i ghiacci e le colture dei colori
e i rassicurati lavori degli ori.
Pronto. A chi parlo? Riallacciare.
E sono pronto, in fase dell'immortale,
per uno sketch-idea della neve, per un suo guizzo.
Pronto.
Alla, della perfetta.
«È tutto, potete andare.»

La neve - Gabriele D'Annunzio
Scendi con pace,
o neve: e le radici
difendi e i germi.
che daranno ancora
erba molta agli armenti.
all'uomo il pane.
Scendi con pace, si che al novel tempo
da te nutriti, lungo il pian ridesto,
corran qual greggi obbedienti i fiumi.

Il pupazzo di neve - Jacques Prévert
Nella notte dell'inverno,
galoppa un grande uomo bianco.
È un pupazzo di neve
con un pipa di legno
un grande pupazzo di neve
perseguitato dal freddo.
In una piccola casa
entra senza bussare
e per riscaldarsi
si siede sulla stufa rovente
e sparisce d'un tratto
lasciando solo lo sua pipa
in mezzo ad una pozza d'acqua
ed il suo vecchio cappello.

L'omino di neve - Gianni Rodari
L'omino di neve,
guardate che caso,
non ha più naso
Vorrei imitare
questo paese
adagiato
nel suo camice
di neve.
e ha solo un orecchio:
in un giorno di sole
è diventato vecchio!
Chi gli ha rubato un piede?
È stato il gatto,
bestia senza tatto.
Per un chicco di grano
una gallina
gli becca una mano.
Infine, per far festa,
i bambini
gli tagliano la testa.

Nevicata - Guido Gozzano
Dalle profondità dei cieli tetri
scende la bella neve sonnolenta,
tutte le cose ammanta come spettri:
scende, risale, impetuosa, lenta.
Di su, di giù, di qua, di là s'avventa
alle finestre, tamburella i vetri...
Turbina densa in fiocchi di bambagia,
imbianca i tetti ed i selciati lordi,
piomba, dai rami curvi, in blocchi sordi...
Nel caminetto crepita la bragia...
Nevicata - Giovanni Pascoli
Nevica; l’aria brulica di bianco;
la terra è bianca; neve sopra neve;
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco:
cade del bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera;
passano bimbi: un balbettio di pianto;
passa una madre: passa una preghiera.

 

5 febbraio 2015
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Vittorio Alfieri, le poesie più belle

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Vittorio Alfieri, le poesie più belle

MILANO – Nasceva ad Asti il 16 gennaio del 1749 Vittorio Alfieri, uno dei più importanti scrittori del Settecento italiano. I sentimenti di libertà e d'indipendenza, l'esaltazione della personalità, la certezza della risurrezione della nazione italiana espressi nella sua opera, fecero di lui uno dei più efficaci educatori delle generazioni del Risorgimento. Il poeta scomparve l'8 ottobre del 1803. Lo ricordiamo attraverso le sue poesie più belle.

Clicca qui per leggere e condividere gli aforismi dell'autore !

Sonetto XX

S'io t'amo? Oh donna! Io nol dirìa volendo.
Voce esprimer può mai, quanta m'inspiri
dolcezza al cor, quando pietosa giri
vèr me tue luci ove alti sensi apprendo?

S'io t'amo? E il chiedi? E nol dich'io tacendo?
E non tel dicon miei lunghi sospiri,
e l'alma afflitta mia, ché par che spiri
mentre dal tuo bel ciglio immobil pendo?

E non tel dice ad ogni istante il pianto
cui di speranza e di temenza misto,
versare a un tempo e raffrenare io bramo?

Tutto tel dice in me: mia lingua intanto
sola tel tace; perché il cor s'è avvisto
ch'a quel ch'ei sente, è un nulla il dirti: Io t'amo.

 

.

Sonetto LXXXVII

Mentr'io più mi allontano ognor da quella,
ch'ora i suoi dì strascina al Tebro in riva,
sol mio diletto è il far sempre più viva
mia doglia, e il viver tutto immerso in ella.

Spesso, mia lingua in flebil suon l'appella;
e l'alma voce, che già il cor mi apriva,
par mi risponda, così addentro arriva
la rimembranza pur di sua favella.

Pietade e pianto nel mortal mio esiglio
sono i miei soli duo fidi compagni;
l'una il cor mi governa, e l'altro il ciglio.

Né v'ha infelice che con me si lagni,
ch'io di soccorso, lagrime, o consiglio,
pietosamente lui non accompagni.

 

.

Sonetto LXXXIX

Là dove muta solitaria dura
piacque al gran Bruno instituir la vita,
a passo lento, per irta salita,
mesto vo; la mestizia è in me natura.

Ma vi si aggiunge un'amorosa cura,
che mi tien l'alma in pianto seppellita,
sì che non trovo io mai spiaggia romita
quanto il vorrebbe la mia mente oscura.

Pur questi orridi massi, e queste nere
selve, e i lor cupi abissi, e le sonanti
acque or mi fan con più sapor dolere.

Non d'intender tai gioie ogni uom si vanti:
le mie angosce sol creder potran vere
gli ardenti vati, e gl'infelici amanti.

.

 

Sonetto CVIII

Le pene mie lunghissime son tante,
ch'io non potria giammai dirtele appieno.
D'atri pensieri irrequïeti pieno,
neppure io 'l so, dove fermar mie piante.

Misera vita strascìno ed errante;
dov'io non son, quello il miglior terreno
parmi; e quel ch'io non spiro, aere sereno
sol chiamo; e il bene ognor mi caccio innante.

S'anco incontro un piacer semplice e puro,
un lieto colle, un praticello, un fonte,
dolor ne traggo e pensamento oscuro.

Meco non sei: tutte mie angosce conte
son da quest'una; ed a narrarti il duro
mio stato, sol mie lagrime son pronte.

.

 

Sonetto CXXXV

Solo, fra i mesti miei pensieri, in riva
al mar là dove il Tosco fiume ha foce,
con Fido il mio destrier pian pian men giva;
e muggìan l'onde irate in suon feroce.

Quell'ermo lido, e il gran fragor mi empiva
il cuor (cui fiamma inestinguibil cuoce)
d'alta malinconia; ma grata, e priva
di quel suo pianger, che pur tanto nuoce.

Dolce oblio di mie pene e di me stesso
nella pacata fantasia piovea;
e senza affanno sospirava io spesso:

quella, ch'io sempre bramo, anco parea
cavalcando venirne a me dappresso...
Nullo error mai felice al par mi fea.

 

 

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“Il mio destino riposa con te”, la lettera d’amore di Lord Byron

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"Il mio destino riposa con te", la lettera d'amore di Lord Byron

MILANO - George Gordon Noel Byron, meglio conosciuto come Lord Byron, è stato un poeta e politico inglese. La sua poesia, diffusasi rapidamente in tutta l’Europa, che fu considerata la quintessenza del romanticismo. Nel 1817 Lord Byron si trasferì a Venezia e proprio lì, nel 1819, conobbe la giovane contessa Teresa Guiccioli, moglie del conte Alessandro Guiccioli. Lor Byron s’innamorò perdutamente della diciottenne. Fu un rapporto travolgente tanto che Teresa si separò dal marito per seguire il suo amato. Il loro amore, però, non era destinato a durare a lungo. Cinque anni dopo il loro primo incontro Byron morì, lasciando nello sconforto la contessa. Teresa si risposò ma Byron restò il suo più grande amore. Proprio per questo, fregandosene delle convenzioni sociali, decise di scrivere una biografia dell’uomo che aveva tanto amato. L’opera, Vie de Lord Byron en Italie, non fu mai pubblicata ma fu gelosamente custodita da Teresa in uno scrigno insieme ad altri oggetti che le ricordavano il suo amore perduto. Il poeta francese Alfred de Musset, paragonò l’amore tra Byron e Teresa a quello di Dante e Beatrice “Capelli biondi, sopracciglia brune, fronte rubiconda o pallida/ Dante amò Beatrice – Byron la Guiccioli”.

"Mia carissima Teresa, ho letto questo libro nel tuo giardino; amore mio, tu non c'eri, o io non avrei potuto leggerlo. E' uno dei tuoi favoriti e lo scrittore era un amico mio. Tu non capirai queste parole inglesi, e altri non le capiranno, ecco la ragione per cui non le ho scarabocchiate in italiano. Ma riconoscerai la calligrafia di colui che ti amò appassionatamente, e capirai che, su un libro che era tuo, poteva solo pensare all'amore. In questa parola, bellissima in tutte le lingue, ma soprattutto nella tua - Amor mio - è compresa la mia esistenza qui e dopo. Io sento che esisto qui, e sento che esisterò dopo, per quale scopo lo deciderai tu; il mio destino riposa con te, e tu sei una donna di diciotto anni, che ha lasciato il convento due anni fa. Desidererei che fossi rimasta lì, con tutto il mio cuore, o, almeno, che non ti avessi incontrata nel tuo stato di donna sposata. Ma per questo è troppo tardi. Io ti amo e tu mi ami o almeno, cosi dici, e agisci come se mi amassi, il che comunque è una grande consolazione. Ma io ancor più ti amo e non posso cessare di amarti. Pensa a me qualche volta, quando le Alpi e l'oceano ci divideranno, ma non sarà cosi a meno che tu non voglia" 

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Lord Byron, le poesie più belle

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Lord Byron, le poesie più belle

MILANO - George Gordon Noel Byron, meglio conosciuto come Lord Byron, è stato un poeta e politico inglese. La sua poesia, infatti, creò una moda, diffusasi rapidamente in tutta l'Europa, che fu considerata la quintessenza del romanticismo. Era una poesia che si proponeva di esprimere "il male del secolo", l'inquietudine, l'irrequietezza, la malinconia e lo spirito di ribellione contro qualsiasi ordine precostituito. Accanto a questo Byron, animato da un fosco sconforto e da una disperata ribellione appare, soprattutto nelle opere appartenenti alla seconda fase della sua attività letteraria, una vena autoironica e satirica. In occasione dell'anniversario della sua nascita, vi proponiamo le sue poesie più belle.

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Vi è un piacere nei boschi inesplorati

Vi è un piacere nei boschi inesplorati
e un'estasi nelle spiagge deserte,
vi è una compagnia che nessuno può turbare
presso il mare profondo,
e una musica nel suo ruggito;
non amo meno l'uomo ma di più la natura
dopo questi colloqui dove fuggo
da quel che sono o prima sono stato
per confondermi con l'universo e lì sentire
ciò che mai posso esprimere
né del tutto celare.

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Passa radiosa, come la notte tersa

Passa radiosa, come la notte tersa
dai cieli stellati;
il meglio del buio e del fulgore
si incontra nei suoi occhi
addolciti a quella tenera luce
che il cielo nega allo sforzo del giorno.
Un'ombra in più, un raggio in meno, avrebbero
in parte guastato la grazia senza nome
che si posa sui capelli neri
o illumina il volto con dolcezza,
dove pensieri limpidi
svelano pura e preziosa dimora.
Su quella guancia, sopra quella fronte serena
sorrisi e colori parlano di pacifici giorni,
di un intelletto in armonia con tutto,
di un cuore che ama innocente.

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Strofe per musica

Dicono che la Speranza sia felicità,
ma il vero Amore deve amare il passato,
e il Ricordo risveglia i pensieri felici che primi sorgono e ultimi svaniscono.

E tutto ciò che il Ricordo ama di più un tempo fu Speranza solamente;
e quel che amò e perse la Speranza
oramai è circonfuso nel Ricordo.

È triste! È tutto un'illusione:
il futuro ci inganna da lontano,
non siamo più quel che ricordiamo,
né osiamo pensare a ciò che siamo.

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E l'ora in cui s'ode tra i rami

È l'ora in cui s'ode tra i rami
la nota acuta dell'usignolo;
è l'ora in cui i voti degli amanti
sembrano dolci in ogni parola sussurrata
e i venti miti e le acque vicine
sono musica all'orecchio solitario.
Lieve rugiada ha bagnato ogni fiore
e in cielo sono spuntate le stelle
e c'è sull'onda un azzurro più profondo
e nei cieli quella tenebra chiara,
dolcemente oscura e oscuramente pura,
che segue al declino del giorno mentre
sotto la luna il crepuscolo si perde.

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Ondeggia, Oceano

Ondeggia, Oceano nella tua cupa
e azzurra immensità
A migliaia le navi ti percorrono invano;
L'uomo traccia sulla terra i confini,
apportatori di sventure,
Ma il suo potere ha termine sulle coste,
Sulla distesa marina
I naufragi sono tutti opera tua,
è l'uomo da te vinto,
Simile ad una goccia di pioggia,
S'inabissa con un gorgoglio lamentoso,
Senza tomba, senza bara,
senza rintocco funebre, ignoto.
Sui tuoi lidi sorsero imperi,
contesi da tutti a te solo indifferenti
Che cosa resta di Assiria, Grecia, Roma,
Cartagine?
Bagnavi le loro terre quando erano libere
e potenti.
Poi vennero parecchi tiranni stranieri,
La loro rovina ridusse i regni in deserti;
Non così avvenne, per te, immortale e
mutevole solo nel gioco selvaggio delle onde;
Il tempo non lascia traccia
sulla tua fronte azzurra.
Come ti ha visto l'alba della Creazione,
così continui a essere mosso dal vento.
E io ti ho amato, Oceano,
e la gioia dei miei svaghi giovanili,
era di farmi trasportare dalle onde
come la tua schiuma;
fin da ragazzo mi sbizzarrivo con i tuoi flutti,
una vera delizia per me.
E se il mare freddo faceva paura agli altri,
a me dava gioia,
Perché ero come un figlio suo,
E mi fidavo delle sue onde, lontane e vicine,
E giuravo sul suo nome, come ora.

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Ricordando Giorgio Caproni, ecco le poesie più belle

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Ricordando Giorgio Caproni, ecco le poesie più belle

MILANO - Il 22 gennaio 1990 moriva Giorgio Caproni, uno dei più grandi poeti italiani del Novecento. Carlo Bo, uno dei suoi primi critici, lo definì il “Poeta del sole, della luce e del mare”. I temi portanti della sua poetica sono: la madre, rievocata e ricordata in molte poesie; Genova, considerata la sua "città dell'anima"; il viaggio, un viaggio allegorico alla scoperta della vita. In occasione del suo anniversario di morte, ecco una raccolta delle poesie più belle.

Sassate

Ho provato a parlare.

Forse, ignoro la lingua.

Tutte frasi sbagliate.

Le risposte: sassate.

 

Alba

Amore mio, nei vapori d'un bar

all'alba, amore mio che inverno

lungo e che brivido attenderti! Qua

dove il marmo nel sangue è gelo, e sa

di rinfresco anche l'occhio, ora nell'ermo

rumore oltre la brina io quale tram

odo, che apre e richiude in eterno

le deserte sue porte?... Amore, io ho fermo

il polso: e se il bicchiere entro il fragore

sottile ha un tremitìo tra i denti, è forse

di tali ruote un'eco. Ma tu, amore,

non dormi, ora che in vece la tua già il sole

sgorga, non dirmi che da quelle porte

qui, col tuo passo, già attendo la morte.

 

Perchè restare

Chi sia stato il primo, non

è certo. Lo seguì un secondo. Un terzo.

Poi, uno dopo l'altro, tutti han preso la stessa via.

Ora non c'è più nessuno.

La mia

casa è la sola

abitata.

Son vecchio

Che cosa mi trattengo a fare,

quassù, dove tra breve forse

nemmeno ci sarò più io

a farmi compagnia?

Meglio - lo so - è ch'io bada

prima che me ne vada anch'io.

Eppure, non mi risolvo. Resto.

Mi lega l'erba. Il bosco.

Il fiume. Anche se il fiume è appena

un rumore ed un fresco

dietro le foglie.

La sera

siedo su questo sasso, e aspetto.

Aspetto non so che cosa, ma aspetto.

Il sonno. La morte direi, se anch'essa

da un pezzo - già non se ne fosse andata

da questi luoghi.

Aspetto

e ascolto.

(L'acqua,

da quanti milioni d'anni, l'acqua,

ha questo suo stesso suono

sulle sue pietre?)

Mi sento

perso nel tempo.

Fuori

del tempo, forse.

Ma sono

con me stesso. Non voglio

lasciare me stesso uscire

da me stesso come,

dal sotterraneo

il grillotalpa in cerca

d'altro buio.

Il trifoglio

della città è troppo

fitto. Io son già cieco.

Ma qui vedo. Parlo.

Qui dialogo. Io

qui mi rispondo e ho il mio

interlocutore. Non voglio

murarlo nel silenzio sordo

d'un frastuono senz'ombra

d'anima. Di parole

senza più anima.

 

Foglie

Quanti se ne sono andati...

Quanti.

Che cosa resta.

Nemmeno

il soffio.

Nemmeno

il graffio di rancore o il morso

della presenza.

Tutti

se ne sono andati senza

lasciare traccia.

Come

non lascia traccia il vento

sul marmo dove passa.

Come

non lascia orma l'ombra

sul marciapiede.

Tutti

scomparsi in un polverio

confusi d'occhi.

Un brusio

di voci afone, quasi

di foglie controfiato

dietro i vetri.

Foglie

che solo il cuore vede

e cui la mente non crede.

 

L'occasione

L'occasione era bella.

Volli sperare anch'io.

Puntai in alto. Una stella

o l'occhio (il gelo) di Dio?

 

Biglietto lasciato prima di non andar via 

Se non dovessi tornare,

sappiate che non sono mai

partito.

Il mio viaggiare

È stato tutto un restare

qua, dove non fui mai.

 

Saggia apostrofe a tutti i caccianti

Fermi! Tanto

non farete mai centro.

La Bestia che cercate voi,

voi ci siete dentro.

 

 

 

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Giornata della Memoria, ecco le poesie più celebri per non dimenticare la Shoah

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Giornata della Memoria, ecco le poesie più celebri per non dimenticare la Shoah

MILANO - Il 27 gennaio di ogni anno si celebra la Giornata della memoria per non dimenticare l'Olocausto. Venne istituita ufficialmente dalla Repubblica italiana nel 2000 per ricordare l’orrore della Shoah, dell’Olocausto. Si è scelta proprio questa data perché il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’Armata rossa buttarono giù i cancelli di ingresso al campo di sterminio nazista di Auschwitz, in Polonia. Per ricordare l'orrore della Shoah e soprattutto l'importanza di non ripetere certi orrori e stragi, dopo frasi ed aforismi vi presentiamo una raccolta di poesie per non dimenticare mai. Sul nostro sito puoi trovare anche una sezione aforismi dedicata alla Giornata della Memoria.

 

 

APRILE

Prova anche tu,

una volta che ti senti solo

o infelice o triste,

a guardare fuori dalla soffitta

quando il tempo è così bello.

Non le case o i tetti, ma il cielo.

Finché potrai guardare

il cielo senza timori,

sarai sicuro

di essere puro dentro

e tornerai

ad essere Felice.

Anna Frank

 

.

SE QUESTO È UN UOMO

Voi che vivete sicuri

Nelle vostre tiepide case,

voi che trovate tornando a sera

Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

Che lavora nel fango

Che non conosce pace

Che lotta per un pezzo di pane

Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

Senza capelli e senza nome

Senza più forza di ricordare

Vuoti gli occhi e freddo il grembo

Come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi;

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

La malattia vi impedisca,

I vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi

.

 

UN PAIO DI SCARPETTE ROSSE

C'è un paio di scarpette rosse

numero ventiquattro

quasi nuove:

sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica

'Schulze Monaco'.

C'è un paio di scarpette rosse

in cima a un mucchio di scarpette infantili

a Buckenwald

erano di un bambino di tre anni e mezzo

chi sa di che colore erano gli occhi

bruciati nei forni

ma il suo pianto lo possiamo immaginare

si sa come piangono i bambini

anche i suoi piedini li possiamo immaginare

scarpa numero ventiquattro

per l' eternità

perché i piedini dei bambini morti non crescono.

C'è un paio di scarpette rosse

a Buckenwald

quasi nuove

perché i piedini dei bambini morti

non consumano le suole.

Joyce Lussu

.

 

Da domani sarà triste, da domani.

Ma oggi sarò contento,

a che serve essere tristi, a che serve.

Perché soffia un vento cattivo.

Perché dovrei dolermi, oggi, del domani.

Forse il domani è buono, forse il domani è chiaro.

Forse domani splenderà ancora il sole.

E non vi sarà ragione di tristezza.

Da domani sarà triste, da domani.

Ma oggi, oggi sarò contento,

e ad ogni amaro giorno dirò,

da domani, sarà triste,

Oggi no.

Poesia di un ragazzo trovata in un Ghetto nel 1941

 

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ASSENZA FATALE

Un giorno Dio si assentò dalla Terra

per trascorrere interminabili anni di vacanze…

lasciando che il disordine degli eventi si manifestasse.

Le nubi oscurarono la luce dei cuori… e si scatenò l'inferno.

Campi di grano di spighe vuote inondati di sangue

di fiori morti… dai rigogliosi sprezzi e copiosi odi.

Coglievan le bestie a piene mani le vite innocenti

tra sordi e ciechi… e indifferenti macere coscienze.

Invano la Terra implorava pietà!

ma fu... la catastrofe dei popoli e dei valori umani.

Dio tornò e urlò alle genti… vergogna!

Marchiando l'uomo a bestia per sempre… e pianse.

Inondando la Terra da colpose lacrime per esser mancato…

e tornò alla luce, pian piano… la pace in Terra e nei cuori.

Marco Spyry

.

 

LA PAURA

Di nuovo l’orrore ha colpito il ghetto,

un male crudele che ne scaccia ogni altro.

La morte, demone folle, brandisce una gelida falce

che decapita intorno le sue vittime.

I cuori dei padri battono oggi di paura

e le madri nascondono il viso nel grembo.

La vipera del tifo strangola i bambini

e preleva le sue decime dal branco.

Oggi il mio sangue pulsa ancora,

ma i miei compagni mi muoiono accanto.

Piuttosto di vederli morire

vorrei io stesso trovare la morte.

Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!

Non vogliamo vuoti nelle nostre file.

Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore.

Vogliamo fare qualcosa. E’ vietato morire!

Eva Picková

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LEGGI ANCHE: GIORNATA DELLA MEMORIA, GLI AFORISMI PER NON DIMENTICARE LA SHOAH 

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Perché “Mi sono innamorato di te” di Luigi Tenco è da considerarsi poesia

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Perché "Mi sono innamorato di te" di Luigi Tenco è da considerarsi poesia

MILANO - L'amore è una forza incredibile. Unisce le persone, crea ponti, dà felicità, restituisce la speranza. L'amore è vita. Ma come nasce, come si sviluppa, perché ci innamoriamo? Persino Dostoevskij faceva fatica a rispondere a domande del genere: "Capitano a volte incontri con persone a noi assolutamente estranee, per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo, all’improvviso, in maniera inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata". L'amore "capita", forse è l'unica cosa che spesso ci è dato sapere. E forse questo è proprio quello che ci dice Luigi Tenco (che ci lasciava 50 anni fa), quando nel brano "Mi sono innamorato di te" spiega come nasce l'amore.

L'AMORE CAPITA - "Mi sono innamorato di te" di Luigi Tenco, composta nel 1962, con la potenza della lirica e la magia della poesia racconta l'innamoramento, racconta come due menti e due corpi arrivino ad accostarsi e a non poter far più a meno gli uni degli altri. L'amore - c'è poco da fare - nasce per caso. "Non avevo niente da fare", canta Tenco. Nasce da un bisogno di compagnia e dall'aspirazione al sogno, innata in tutti gli esseri umani.

UNA FORZA INCONTROLLABILE - Ma l'amore è onnivoro, è incontrollabile, è instabile. "Ed ora che avrei mille cose da fare" canta Luigi Tenco "io sento i miei sogni svanire, ma non so più pensare a nient'altro che a te". L'amore è capace di farci perdere l'equilibro: "Mi sono innamorato di te e adesso non so neppure io cosa fare". Le parole sono precise, pesate, cariche di significato. L'amore, come l'uomo, è carico di contraddizioni, tanto che "il giorno mi pento d'averti incontrata" mentre "la notte ti vengo a cercare".

Dario Boemia

LEGGI ANCHE: Perché “Amore che vieni, amore che vai” di De André è da considerarsi poesia

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Aleksàndr Puškin, le poesie d’amore più belle

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Aleksàndr Puškin, le poesie d'amore più belle

MILANO - Aleksandr Sergeevič Puškin è stato un poeta, saggista, scrittore e drammaturgo russo. In filologia egli è considerato il fondatore della lingua letteraria russa contemporanea. In occasione dell'anniversario della scomparsa di Puškin, vi proponiamo alcune delle sue poesie d'amore più belle.

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TI AMAI
Ti amai, anche se forse
ancora non è spento del
tutto l’amore.
Ma se per te non è più tormento
voglio che nulla ti addolori.
Senza speranza, geloso,
ti ho amata nel silenzio e soffrivo,
teneramente ti ho amata come
- Dio voglia – un altro possa amarti.

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TIMIDO INIZIO
Un voi vuoto con un tu caloroso
scambiava lei nel parlarmi
e suscitava nel cuore innamorato
i più bei sogni di felicità.
Davanti a lei sto in silenzio
di distogliere gli occhi non ho forza
e le dico: – come siete cara –
e penso – come ti amo – .

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RICORDO IL MAGICO ISTANTE
Ricordo il magico istante:
Davanti m’eri apparsa tu,
Come fuggevole visione,
Genio di limpida beltà.
Nei disperati miei tormenti,
Nel chiasso delle vanità,
Tenera udivo la tua voce,
Sognavo i cari lineamenti.
Anni trascorsero. Bufere
Gli antichi sogni poi travolsero,
Scordai la tenera tua voce,
I tuoi sublimi lineamenti.

E in silenzio passavo i giorni
Recluso nel vuoto grigiore.

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IL CAVALIERE POVERO
Viveva al mondo un cavaliere povero
silenzioso e semplice
d’aspetto tetro e pallido
d’animo ardito e onesto
Egli aveva una sola visione
alla mente incomprensibile
che profondamente
si era impressa nel suo cuore
Da quel momento, arso nell’anima
più le donne non guardò
e fino alla bara con nessuno
volle dire una parola
Al collo il rosario si legò
e dal volto la celata
dinanzi a nessun più levò.
Ricolmo di puro amore
fedele al dolce sogno
A. M. D. con il suo sangue
scrisse sullo scudo
E nei deserti della Palestina
mentre i paladini si lanciavano
in battaglia, per le rupi
a gran voce invocando le dame.
Lumen coeli, sancta Rosa
gridava egli feroce e focoso
e come tuono la sua minaccia
atterriva i musulmani.
Ritornato al suo castello lontano
visse segregato,
sempre muto, sempre triste,
finchè folle morì.

 .

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Jacques Prévert, le poesie d’amore più belle

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Jacques Prévert, le poesie d'amore più belle

MILANO - Il 4 febbraio del 1900 nasceva Jacques Prévert, uno dei poeti più amati dalle giovani generazioni di tutti i tempi. Un poeta che ha infranto le barriere dell’élite riuscendo a rendersi comprensibile a tutti. Il poeta dei componimenti più letti e recitati in tutto il mondo e più volte definito il cantore dell'amore. In occasione dell'anniversario della sua nascita, vi proponiamo i suoi componimenti sull'amore più belli.

Clicca qui per leggere e condividere gli aforismi del poeta! 

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Mio malgrado...
Assunto mio malgrado nella fabbrica delle idee
mi sono rifiutato di timbrare il cartellino
Mobilitato altresì nell'esercito delle idee
ho disertato
Non ho mai capito granché
Non c'è mai granché
né piccolo che
C'è altro.
Altro
vuol dire che amo chi mi piace
e ció che faccio.

.

Il mazzo di fiori
Che fai laggiu' bambina
Con quei fiori appena colti
Che fai laggiu' ragazza
Con quei fiori seccati fiori
Che fai laggiu' bella donna
Con quei fiori che appassiscono
Che fai laggiu' gia' vecchia
Con quei fiori che muoiono
Aspetto il vincitore.

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Il giardino
Mille anni e poi mille
Non possone bastare
Per dire
La microeternita'
Di quando m' hai baciato
Di quando t' ho baciata
Un mattino nella luce dell' inverno
Al Parc Montsouris a Parigi
A Parigi
Sulla terra
Sulla terra che e' un astro.

.

Questo amore
Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
E cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gaio
E così beffardo
Tremante di paura come un bambino al buio
E così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
Questo amore che impauriva gli altri
Che li faceva parlare
Che li faceva impallidire
Questo amore spiato
Perchè noi lo spiavamo
Perseguitato ferito calpestato ucciso
negato dimenticato
Perchè noi l'abbiamo perseguitato ferito
calpestato ucciso negato
dimenticato
Questo amore tutto intero
Ancora così vivo
E tutto soleggiato
E' tuo
E' mio
E' stato quel che è stato
Questa cosa sempre nuova
E che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda e viva come l'estate
Noi possiamo tutti e due
Andare e ritornare
Noi possiamo dimenticare
E quindi riaddormentarci
Risvegliarsi soffrire invecchiare
Addormentarci ancora
Sognare la morte
Svegliarci sorridere e ridere
E ringiovanire
Il nostro amore è là
Testardo come un asino
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Sciocco come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Freddo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
E ci parla senza dir nulla
E io tremante l'ascolto
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per te per me e per tutti coloro che si amano
E che si sono amati
Sì io gli grido
Per te per me per tutti gli altri
Che non conoscono
Fermati là
Là dove sei
Là dove sei stato altre volte
Fermati
Non muoverti
Non andartene
Noi che siamo amati
Noi ti abbiamo dimenticato
Tu non dimenticarci
Non avevamo che te sulla terra
Non lasciraci diventare gelidi
Anche se molto lontano sempre
E non importa dove
Dacci un segno di vita
Molto più tardi ai margini di un bosco
Nella foresta della memoria
Alzati subito
Tendici la mano
E salvaci.
.

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Sabbie Mobili
Demoni e meraviglie
Venti e maree
Lontano di gia' si e' ritirato il mare
E tu
Come alga dolcemente accarezzata dal vento
Nella sabbia del tuo letto ti agiti sognando
Demoni e meraviglie
Venti e maree
Lontano di gia' si e' ritirato il mare
Ma nei tuoi occhi socchiusi
Due piccole onde son rimaste
Demoni e meraviglie
Venti e maree
Due piccole onde per annegarmi.

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Le 10 più belle poesie d’amore di tutti i tempi

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Le 10 più belle poesie d'amore di tutti i tempi

MILANO - L'amore è un bisogno, una necessità. L'amore è un sentimento che trasforma, che rende il mondo più bello di quanto abbiamo sempre sognato. Quando ci innamoriamo "abbiamo l'impressione che tutto l'universo sia d'accordo", scrive Coelho. Ed è un tema soggetto della poesia sin dai tempi di Catullo e resterà al centro dei poeti finché esisterà questo genere di letteratura. Allora ecco, da Neruda a Montale, da Nazim Hikmet a Jacques Prévert, le 10 più belle poesie d'amore di tutti i tempi.

 

Pablo Neruda, "Sonetto XVII"

Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.

T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T'amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti

che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

 

Jacques Prévert, "Tre fiammiferi accesi"

Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L’ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.

 

Eugenio Montale, "Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale"

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

 

Julio Cortázar, "Il futuro"

E so molto bene che non ci sarai.
Non ci sarai nella strada,
non nel mormorio che sgorga di notte
dai pali che la illuminano,
neppure nel gesto di scegliere il menù,
o nel sorriso che alleggerisce il "tutto completo" delle sotterranee,
nei libri prestati e nell'arrivederci a domani.

Nei miei sogni non ci sarai,
nel destino originale delle parole,
nè ci sarai in un numero di telefono
o nel colore di un paio di guanti, di una blusa.
Mi infurierò, amor mio, e non sarà per te,
e non per te comprerò dolci,
all'angolo della strada mi fermerò,
a quell'angolo a cui non svolterai,
e dirò le parole che si dicono
e mangerò le cose che si mangiano
e sognerò i sogni che si sognano
e so molto bene che non ci sarai,
nè qui dentro, il carcere dove ancora ti detengo,
nè la fuori, in quel fiume di strade e di ponti.
Non ci sarai per niente, non sarai neppure ricordo,
e quando ti penserò, penserò un pensiero
che oscuramente cerca di ricordarsi di te.

 

Alda Merini, "Ho bisogno di sentimenti"

Io non ho bisogno di denaro.

Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all’ orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

La mia poesia è alacre come il fuoco
trascorre tra le mie dita come un rosario
Non prego perché sono un poeta della sventura
che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore,
sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida,
sono il poeta che canta e non trova parole,
sono la paglia arida sopra cui batte il suono,
sono la ninnanànna che fa piangere i figli,
sono la vanagloria che si lascia cadere,
il manto di metallo di una lunga preghiera
del passato cordoglio che non vede la luce.

 

Nazim Hikmet, "Amo in te"

Amo in te
l’avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l’audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l’impossibile
entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne.

amo in te l’impossibile
ma non la disperazione.

 

Gaio Valerio Catullo, "Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo"

Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo,
e ogni mormorio perfido dei vecchi
valga per noi la più vile moneta.
Il giorno può morire e poi risorgere,
ma quando muore il nostro breve giorno,
una notte infinita dormiremo.
Tu dammi mille baci, e quindi cento,
poi dammene altri mille, e quindi cento,
quindi mille continui, e quindi cento.
E quando poi saranno mille e mille,
nasconderemo il loro vero numero,
che non getti il malocchio l’invidioso
per un numero di baci così alto.

 

Charles Baudelaire, "Inno alla bellezza"

Vieni dal cielo profondo o esci dall'abisso,
Bellezza? Il tuo sguardo, divino e infernale,
dispensa alla rinfusa il sollievo e il crimine,
ed in questo puoi essere paragonata al vino.

Racchiudi nel tuo occhio il tramonto e l'aurora;
profumi l'aria come una sera tempestosa;
i tuoi baci sono un filtro e la tua bocca un'anfora
che fanno vile l'eroe e il bimbo coraggioso.

Esci dal nero baratro o discendi dagli astri?
Il Destino irretito segue la tua gonna
come un cane; semini a caso gioia e disastri,
e governi ogni cosa e di nulla rispondi.

Cammini sui cadaveri, o Bellezza, schernendoli,
dei tuoi gioielli l'Orrore non è il meno attraente,
l'Assassinio, in mezzo ai tuoi più cari ciondoli
sul tuo ventre orgoglioso danza amorosamente.

Verso di te, candela, la falena abbagliata
crepita e arde dicendo: Benedetta la fiamma!
L'innamorato ansante piegato sull'amata
pare un moribondo che accarezza la tomba.

Che tu venga dal cielo o dall'inferno, che importa,
Bellezza! Mostro enorme, spaventoso, ingenuo!
Se i tuoi occhi, il sorriso, il piede m'aprono la porta
di un Infinito che amo e che non ho mai conosciuto?

Da Satana o da Dio, che importa? Angelo o Sirena,
tu ci rendi -fata dagli occhi di velluto,
ritmo, profumo, luce, mia unica regina!
L'universo meno odioso, meno pesante il minuto?

 

Charles Bukowski, "Quando Dio creò l'amore"

Quando Dio creò l'amore non ci ha aiutato molto
quando Dio creò i cani non ha aiutato molto i cani
quando Dio creò le piante fu una cosa nella norma
quando Dio creò l'odio ci ha dato una normale cosa utile
quando Dio creò Me creò Me
quando Dio creò la scimmia stava dormendo
quando creò la giraffa era ubriaco
quando creò i narcotici era su di giri
e quando creò il suicidio era a terra

Quando creò te distesa a letto
sapeva cosa stava facendo
era ubriaco e su di giri
e creò le montagne e il mare e il fuoco
allo stesso tempo

Ha fatto qualche errore
ma quando creò te distesa a letto
fece tutto il Suo Sacro Universo.

 

Khalil Gibran, "Segui l'amore"

L'amore non dà nulla fuorché sé stesso
e non coglie nulla se non da sé stesso.
L'amore non possiede,
né vorrebbe essere posseduto
poiché l'amore basta a all'amore.

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